(Intervista di Carlo Troccoli e Italo Biddittu al sig. Paolo de Thomasis che ha lavorato ai pozzi petroliferi di Ripi per 40 anni) L’incontro avvenne il 29 gennaio 2003 a Ripi nell’abitazione del sig. Paolo, che nel frattempo ci ha purtroppo lasciati. Ci sembra opportuno riportare le cose più importanti che ci ha raccontato. Assunto nella miniera nel 1939, Dal 1945 è stato assunto dall’AGIP (con orgoglio ci mostra alcuni oggetti, la divisa, il casco del suo lavoro con l’AGIP… ricorda sorridendo che il termine AGIP deriva dalla lettura al contrario del cognome dell’ing. PIGA (?)… questa affermazione ci meraviglia ma pensiamo si riferisca con ironia a qualche ricordo dei suoi rapporti con personaggi importanti anche dell’ENI…)
Ricorda che erano attivi fino a circa 66 pozzi. Il n° 1 era il pozzo Roma. Nel 1945 erano addetti ai pozzi almeno 350 tra operai e varia maestranza provenienti, oltre che da Ripi, anche da Torrice, Strangolagalli, S. Giovanni Incarico, Roccasecca, Pofi, alcuni anche da Veroli. Ricorda che il pozzo più profondo aveva raggiunto 1800 m. mentre a Ceprano fu fatta una perforazione dall’AGIP che raggiunse i 3000 m (ricorda che la perforatrice era una Ideco Super 7/ 11 Junior). Una ricerca su internet ci consente di trovare l’immagine di questa importante macchina ormai entrata nella storia delle perforazioni..
http://www.lapidoth.co.il/drilling/ideco-super-7-11/
Ricorda che a S. Giovanni Incarico l’area dei pozzi era ubicata presso il bivio per Pontecorvo e che uno degli addetti era il geologo Lucchetti.. Ricorda che quando ci fu la visita di Benito Mussolini ai Pozzi di Ripi i pozzi furono tenuti fermi per una settimana in modo da far concentrare il liquido prezioso e dimostrare che la produzione di petrolio fosse abbondante…
La raffineria del petrolio estratto a Ripi era a Falconara. Per quanto riguarda il lavoro ricorda che la retribuzione era tale che giustificava di ambire ai lavori ai pozzi. L’AGIP dava anche la 14ma mensilità e distribuiva pacchi dono a Natale a tutti gli operai. I figli degli operai erano condotti annualmente alla colonia marina di Cesenatico. I rapporti con i proprietari dei terreni erano buoni: quando venivano fatte le perforazioni spesso venivano trovate vene di acqua, utilizzata volentieri dai proprietari dei terreni. Le qualifiche erano operaio specializzato, operaio comune e manovale.
Il petrolio di Ripi era di buona qualità con poco scarto. La maggior parte della produzione
veniva trasportata con autobotti a Falconara nei pressi di Ancona. Ricorda che l’albero della cuccagna a S. Giovanni Incarico era unto con catrame. A Ripi a S. Barbara, protettrice degli operai minerari, il 4 dicembre veniva fatta una festa organizzata dall’AGIP con la S. Messa officiata nel piazzale vicino agli uffici (dove era anche l’officina e il deposito dei materiali). L’illuminazione notturna era fatta con centinaia di barattoli nei quali veniva messa una certa quantità di petrolio; sul petrolio veniva messa a galleggiare una rondella di amianto forata nel cui foro passava uno stoppino che ardeva.
La preparazione dei lumi veniva fatta dagli operai nei giorni precedenti alla festa. Manifestazione analoga veniva fatta a S. Giovanni Incarico, altra area del territorio della provincia di Frosinone in cui si era sviluppata da molto tempo la ricerca e lo sfruttamento del petrolio. La manifestazione era denominata “la fiaccolata” che “era fatta utilizzando contenitori di latta pieni di sego e di stracci imbevuti di petrolio, richiedeva una attrezzatura non indifferente ed una particolare preparazione, che solo la volontà e l’impegno di alcune persone del posto riuscivano a mantenere a lungo viva….” in Francesco Frisoni, I 91 Comuni della Ciociaria, G. Ruscito Editore, Frosinone 1995, pag. 424.
L’incontro con Paolo de Thomasis terminò con la promessa di vederci al Museo dell’Energia che in quel periodo era in fase di realizzazione.